Fino a quando John non guardò la radiografia del torace, non aveva mai pensato che sarebbe potuto morire. Aveva trascorso gli ultimi 11 mesi della sua vita tra interventi chirurgici e chemioterapia un lungo e faticoso calvario fino a quando, il suo medico Lawrence Einhorn non gli aveva messo davanti agli occhi l'immagine dei polmoni. Lì, nel centro che avrebbe dovuto ridargli la vita, John vedeva chiara l'immagine della morte dipinta nel suo torace.
"Non serve essere un medico esperto per capire quando la situazione si fa difficile" ha affermato John. Il suo cuore ha cominciato a battere forte, era certo che anche il dottor Einhorn potesse sentirlo. Ed infatti, come destato da quel tamburo battente, il medico disse con la più pacata delicatezza: "John, mi dispiace, ma non c'è molto che possiamo fare". Un lungo silenzio li uni in quell'infinito istante.
John non era preoccupato solo per la sua vita, ma sapeva che fuori da quella stanza c'era il padre e non riusciva ad immaginare con quali parole avrebbe dovuto spiegargli che stava per morire.
Dopo questa pausa, Einhorn si voltò verso John e gli disse "A meno che..."
Questo è successo circa 40 anni fa, era il 27 Settembre del 1974, quando Einhorn disse a John che non ci sarebbe stato più nulla da fare, e mai come quella volta, il nostro caro ed amato medico, si stava sbagliando.
Un solo paziente aveva ricevuto le cure che Einhorn stava per somministrare a John, e queste paziente era morto. Non c'erano certezze, forse non c'erano nemmeno vere speranze, ma quando non hai più nulla da perdere non corri nessun rischio se non quello di guarire. E' a quel preciso istante, al momento in cui Einhorn si voltò verso John che dobbiamo la nostra vita. Se non ci fosse stata quella conversazione, se non ci fosse stato quell'istante forse una cura per il cancro al testicolo non sarebbe mai nata.
Nel giro di pochi anni, si è passati da un 5% di sopravvivenza al 99% anche nei casi peggiori, un vero e proprio "miracolo!". "In 40 anni di carriera non è mai successo nell'oncologia una cosa del genere" ha detto Einhorn, che oggi è professore alla Fondazione Livestrong dell'Università dell'Indiana.
La storia di John Cleland è molto simile alla nostra, una doccia, un testicolo più duro, magari uno scontro a baseball, "non è nulla!", e via così. Il testicolo cresce, assume una forma strana, ma siamo troppo impegnati nelle nostre cose per capirlo e lasciamo colpevolmente perdere. Fu quando si fece visitare da un urologo che comprese la gravità della situazione.
Dalla visita con l'urologo alla rimozione del testicolo passa sempre pochissimo tempo, e questo noi lo sappiamo bene. Ma solo quando John uscì dalla sala operatoria e fu svegliato dall'anestesia, capì come stavano le cose: a soli 22 anni aveva un cancro.
L'intervento a cui fu sottoposto non era una semplice orchiectomia, infatti a John fu rimosso il testicolo e tutti i linfonodi in cui il tumore poteva essere andato, un intervento di nove ore che gli aveva provocato una bella cicatrice sull'addome. Per fortuna solo tre linfonodi erano invasi dal cellule tumorali. John fece una settimana di chemioterapia e poi tornò a lavoro.
Tre mesi dopo, al controllo di routine, si accorgono che il cancro non era stato del tutto sconfitto e John fu sottoposto ad altri cicli di chemioterapia. Il dottor Einhorn provò tre forme di terapia ma la malattia tornava ogni volta.
Le terapie erano fastidiose, brutali, con ricoveri continui, gli effetti collaterali erano tremendi e perse molto peso. L'unico motivo che lo aveva spinto a sopravvivere furono le storie di guerra a cui il padre aveva dovuto assistere, era un veterano ed aveva dovuto resistere a situazioni molto dure, questo per John era uno stimolo a non abbattersi. Dopo sei mesi di terapie, Einhorn comprese che mentre cercava di uccidere il tumore, stava uccidendo John. Ma mai avevano perso le speranze, mai!
Il dottor Einhorn non mi ha mai detto che le cure non avrebbero funzionato", ha detto John, "ho sempre pensato che sarei guarito.". Fino a quando non si ritrovarono nell'ufficio di Einhorn, ad osservare quel grosso tumore che gli cresceva nei polmoni.
"A meno che non proviamo con il cisplatino", disse Einhorn a John. E tutto cambiò.
Einhorn disse che era uno dei primi a sperimentarlo, e John pensò di essere tra i primi 500 o 1000, ma poi capì che era il secondo e che la persona che per primo aveva usato quel farmaco era morto.
Non sapeva cosa rispondere, sapeva che voleva sopravvivere, negli ultimi mesi gli era stato devastato il fisico ora si sentiva distruggere psicologicamente. Cercava risposte in Einhorn ma non esistevano statistiche, era un vero e proprio azzardo.
Il Platinum era un farmaco nuovissimo, in via di sperimentazione ma Einhorn sapeva che accoppiato ad un altro farmaco avrebbe potuto cambiare le sorti di tutti noi, se lo sentiva ma non aveva certezze, solo speranze. L'unica cosa di cui era certo era che nel giro di nove mesi John sarebbe morto.
John era distrutto, esausto, fiaccato e demoralizzato. Aveva deciso di lasciar perdere, non voleva sottoporsi più a nessuna terapia. Ma poi, guardando il padre che lo stava aspettando fuori dall'ufficio gli venne spontaneo dirgli che presto ci sarebbe stata una nuova terapia e che tutto sarebbe andato bene.
Alla seconda settimana di trattamento a John venne la febbre alta e fu portato in ospedale, gli fu fatta una radiografia al torace. Il giorno seguente, quando la febbre fu stabilizzata, John fu portato in una stanza dell'ospedale in cui trovò il dottor Einhorn con l'infermiera che lo assisteva e dalle loro facce capì che erano portatori di buone notizie. Einhorn mise davanti a John una radiografia e subito comprese il perché di tanta gioia nei loro volti: "la tua radiografia al torace è pulita" disse Einhorn. In John si manifestarono varie sensazioni e a suo dire "furono le più belle della mia vita".
Una regressione così forte era un buon segnale ma non di certo la prova di una cura, bisognava ancora combattere. Il piccolo miracolo si stava formando ma c'era ancora bisogno di ulteriori cicli di terapia. Le vene di John erano così devastate che gli ultimi cicli gli furono somministrati nelle caviglie.
Dopo undici mesi, durante i quali a John non era venuta nessuna recidiva, Einhorn capì che finalmente si poteva parlare di "cura". Ci sono voluti ancora un paio di anni e l'esperienza con qualche altro paziente, prima che Einhorn potesse pubblicare i suoi risultati e diffondere in tutto il mondo la sua terapia. Altri medici cercavano di curare il tumore al testicolo ma solo Einhorn è riuscito a trovare una vera cura e ciò lo fa entrare di diritto nella storia dell'oncologia.
Ci vollero ancora alcuni mesi prima che John si sentisse finalmente libero dalla malattia, era passato dalla certezza della morte alla guarigione e questo lo stava destabilizzando un po'. Oggi ha tre figli ed ha insegnato in un liceo fino al 2011 quando è andato in pensione. Va spesso ai raduni in cui incontra altri sopravvissuti al cancro al testicolo. Fu durante uno di questi raduni, che ricevette una telefonata davvero speciale, era di un altro sopravvissuto, un certo Lance Armstrong e John non riuscì a credere alle sue orecchie.
Qualche anno dopo la madre si ammalò di cancro al colon, "ci vorrebbe un miracolo" disse John, "il nostro unico miracolo lo abbiamo già avuto" rispose la mamma.
A distanza di tempo, se parlate con John vi dirà che Einhorn era un eroe, se parlate con Einhorn, questi vi dirà che John era un eroe. Se lo chiedete a me vi posso solo dire che sono due eroi che hanno cambiato le nostre vite per sempre.
L'articolo originale: http://www.indystar.com/story/life/diet-fitness/2014/09/28/cancer-patients-wrenching-decision-leads-major-miracle-thousands/16382021/